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Depressione: “buco nero” a cui non arrendersi

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso di dedicare la Giornata Mondiale della Salute di quest’anno, che si tiene il 7 aprile, al tema della depressione. Proprio l’OMS sostiene che, entro il 2030, la depressione sarà la patologia cronica più diffusa al mondo.

 

La depressione è una malattia frequentissima ma ancora mal curata

Ogni anno si ammalano di depressione circa 100 milioni di persone nel mondo, di cui 4,5 milioni di italiani, soprattutto le donne in rapporto di 2:1 rispetto agli uomini.
Nonostante la grandissima diffusione di questa patologia, il 75% di chi ne soffre non ricorre ad un trattamento o riceve cure non appropriate.

Ciò accade perché la depressione è ancora poco conosciuta, è una malattia ignorata, nascosta, che spesso genera vergogna in chi ne soffre e che è di difficile comprensione per i familiari.
Il mancato riconoscimento del problema ritarda il momento della diagnosi e dell’inizio del trattamento. In questo modo la situazione si aggrava e spesso la persona depressa, nel tentativo di alleviare la propria sofferenza, cerca di curarsi in maniera controproducente, come attraverso l’abuso di alcol e droghe, che spesso svolgono una funzione antidepressiva.

 

La depressione si manifesta in molti modi

Esistono molte forme di depressione e altrettante sono le sue manifestazioni.
Ci sono le depressioni che si insorgono a seguito di eventi specifici (perdita del lavoro, maternità) o traumatici (lutti, violenze subite), quelle che si caratterizzano per la presenza di intensi sentimenti di rabbia in alternanza alla disperazione (talvolta le azioni violente commesse da uomini maltrattanti “coprono” un loro stato depressivo), quelle dall’intensità minore ma dalla durata più lunga, quelle con dei picchi di disperazione e periodi di remissione.

Certamente la forma più conosciuta è quella della Depressione Maggiore, che si manifesta con alcuni sintomi caratteristici (DSM 5):

  • Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno
  • Marcata diminuzione di interesse o piacere (anedonia) per quasi/tutte le attività
  • Significativa perdita/aumento di peso o riduzione/aumento dell’appetito
  • Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno
  • Agitazione o rallentamento psicomotorio
  • Fatica/mancanza o perdita di energia
  • Sentimenti di autosvalutazione o di colpa
  • Ridotta capacità di pensare o concentrarsi, indecisione
  • Pensiero ricorrente di morte, ideazione suicidaria o tentato suicidio.

Qualunque siano le sue caratteristiche e le sue manifestazioni, l’impatto della depressione sulla qualità di vita della persona è drammatico e si estende a livello cognitivo, emotivo, relazionale, sociale, lavorativo.
Per questo andrebbe diagnosticata e trattata il prima possibile, al fine di evitare un peggioramento, una cronicizzazione e l’instaurarsi di altre problematiche quali appunto l’abuso di alcol/droghe o di portare a conseguenze infauste come il suicidio.
Invece, in Italia solo il 29% delle persone affette da depressione maggiore ricorre a un trattamento nello stesso anno in cui insorge (Wang et al., 2007).

 

Esistono terapie efficaci per la depressione

La depressione maggiore può essere efficacemente trattata con terapie farmacologiche e alcune psicoterapie. Le ricerche dimostrano come l’integrazione fra questi due tipi di interventi dia buoni risultati in più del 80% dei casi.
Spesso la persona depressa fa fatica a riconoscere di avere un problema o può sentirsi così a terra, demotivata e sfiduciata, da non avere l’iniziativa di chiedere aiuto o aderire alla terapia prescritta.
In questi casi, bisogna considerare che una qualunque terapia farmacologica ha un tempo di azione di circa 4 settimane, prima di cominciare a dare risultati che siano significativi.
Rispetto alla psicoterapia, sebbene non ne esista un tipo più efficace di altri (Revisione Cochrane), la formula della terapia familiare può essere consigliabile per più di un motivo. Innanzitutto per ridurre le interruzioni da parte del paziente, poiché il coinvolgimento familiare garantisce una maggiore continuità e aderenza alle cure. Poi anche perché la depressione di un membro incide sulle dinamiche familiari che spesso, pur senza consapevolezza da parte di nessuno, finiscono per rinforzare il sintomo.
Infine la sofferenza legata al confrontarsi con la depressione di un parente prossimo richiede e merita uno spazio di accoglienza.

 

Esiste un solo modo per aiutare un familiare o un amico depresso

L’unico aiuto possibile è quello di accompagnare, caldamente ma con fermezza, la persona a rivolgersi ad uno specialista che possa fare una corretta diagnosi e indicare una terapia idonea alla situazione specifica.

Bisogna tenere presente, nel fare questo, che la depressione clinica annienta la volontà della persona e che pertanto, con molta probabilità, stimolare a reagire darà ben pochi esiti, oltre alla notevole irritazione e senso di impotenza in chi vorrebbe aiutare la persona depressa.
Bando, dunque, a frasi come: “non ti impegni abbastanza”, “tirati su”, “distraiti”, “non vuoi davvero stare meglio”, “ci vuole forza di volontà” e via dicendo.

 

Cosa non è la depressione

La depressione non è una colpa nè prerogativa di un certo tipo di persone.
La depressione può colpire persone di qualsiasi genere, status economico, culturale e di qualunque età.
Soprattutto la depressione non affligge le persone deboli.

Sono molti i personaggi illustri che ne hanno sofferto e che hanno lasciato un profondo segno nelle arti, nella storia, nella letteratura, nella scienza.
Virginia Woolf, Vincent Van Gogh, Ernest Hemingway, Antonia Pozzi, Lev Tolstoj sono solo alcuni esempi.
E proprio alcuni fra questi personaggi hanno dato un volto e le parole ad un sentire che spesso è tanto difficile da esprimere per la persona che vive in trasparenza, come in una bolla, distante da tutto quanto le sta intorno, piena solo di quel senso di annientamento ed inevitabilità del vuoto e del dolore.

Virginia Woolf esprime così questi sentimenti nel suo diario:
“Perché mai è così tragica la vita; così simile a una striscia di marciapiede che costeggia un abisso. Guardo giù; ho le vertigini; mi chiedo come farò ad arrivare alla fine”.

Christian Hopkins, giovane fotografa americana, ha immortalato così la sua depressione.

 

La depressione può essere curata.

 

Voglio prendere in prestito le parole pronunciate lo scorso anno da Stephen Hawking, scienziato di fama mondiale, presso il Royal Institute di Londra e la sua similitudine fra depressione e buchi neri
«Non importa quanto sembrino oscuri, non sono nemmeno impossibili da scovare. Il messaggio di questa lezione è che i buchi neri non sono così neri come appaiono. Non sono più le prigioni eterne che si riteneva un tempo. Le cose possono fuoriuscire da un buco nero, sia dall’esterno, sia attraverso un altro universo. Quindi, se vi sentite in un buco nero, non arrendetevi – c’è una via d’uscita».

 

Bisogna solo trovare quella giusta per ciascuno di noi, aggiungo io.

 

 

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