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Raggiungere i propri obiettivi: le 3 lezioni che ho imparato dai miei errori

Per molte persone, come per me, l’anno comincia a Settembre e finisce a Luglio, o giù di lì. Faccio sempre una lunga pausa ad Agosto, che è necessaria per ricaricare le batterie che un lungo anno di lavoro no-stop consuma via via. Staccare mi serve per raccogliere pensieri, idee, fare bilanci su quello che ho fatto o meno, valutazioni su ciò che è andato bene e quanto invece non ha dato i frutti che volevo. In genere a Settembre arrivo carica di energie e con la mente affollata di idee e propositi che vorrei subito mettere in pratica e il più delle volte, in passato, nel tentativo di fare tutto mi sono persa e non ho realizzato quasi niente, sentendomi per questo molto frustrata e dispiaciuta.

Grazie a questo tipo di errore, ho imparato due grandi lezioni: la prima è che per raggiungere un qualunque scopo è necessaria una buona pianificazione; la seconda è che per realizzare un qualunque obiettivo è necessario il tempo necessario (scusate il gioco di parole).

Probabilmente ad alcune/i di voi suonerà banale, ma è un bicchiere d’acqua in cui mi sono persa molte volte e, visto che molti amici e pazienti mi raccontano la stessa difficoltà, ho dedicato i post social del mese di Settembre proprio al tema della pianificazione degli obiettivi.

Pianificare significa prima di tutto mettere a fuoco, definire il mio scopo, tradurlo in qualcosa che sia concretamente realizzabile e realisticamente raggiungibile; poi pensare ai mezzi per raggiungerlo, alle criticità che potrò incontrare, alla risorse su cui potrò contare, al tempo necessario per realizzare il mio scopo. Ripeto, può suonare banale ma è un processo mentale semplice, spesso non automatico, che però fa la differenza.Vi racconto la mia recente esperienza.

Da anni mi dico di dover scrivere un libro sulle implicazioni psicologiche della Sindrome dell’Ovaio Policistico, perché è un argomento di cui mi occupo molto e perché non esistono libri su questo argomento. Due anni fa ho cominciato a buttare giù qualcosa, ma dopo poco tempo mi sono arenata: non avevo fatto una buona pianificazione. Mi spiego meglio.

Avevo il materiale. Avevo le idee chiare in testa su cosa e come scrivere. Avevo una grande motivazione. Ma non avevo considerato il peso degli impegni e della stanchezza quotidiana. Non mi ero domandata: quale momento della giornata o della settimana dedicherò al libro? quante ore? quando voglio che questo libro esca?

O meglio, me lo ero chiesta e mi ero detta: troverò il tempo quando non lavoro. Ma quando non lavoro ho una vita e così ho finito per dare priorità alle cose di tutti i giorni, rimandando sempre a domani la scrittura.

Mesi fa, ho sentito di nuovo la spinta a scrivere e così mi sono seduta a tavolino e mi sono chiesta cosa non avesse funzionato la prima volta: la pianificazione dei tempi, ovvero quando scrivo durante la settimana e quando intendo finire di scrivere il libro. E così, ho preso un grosso cartellone e ho fatto una pianificazione settimanale, dando alla scrittura un suo posto stabile nella mia routine: due pomeriggi a settimana fissi, perchè non riesco a concentrarmi se devo scrivere nell’ora buca fra un paziente e l’altro. Ho riorganizzato di conseguenza gli appuntamenti, in modo da avere quei due pomeriggi sempre liberi per scrivere.

Poi ho definito il periodo in cui volevo che il libro uscisse: ho scelto Settembre (quando ho iniziato era Gennaio), perchè 3 mesi per scrivere, correggere, pubblicare, non sono realisticamente sufficienti. Non scrivendo per due pomeriggi a settimana, almeno. Ho allungato i tempi, contemplando anche la possibilità che ci sarebbero stati imprevisti (malanni di stagione, stanchezza, pc che non si accende più, vincita alla lotteria) e che avere maggiore respiro mi avrebbe permesso di lavorare meglio. Così è stato.

Ovviamente ho dovuto resistere alla tentazione che ho sempre di dedicarmi anche ad altro: investire energie su troppe cose, ha come unico risultato quello di farle tutte male. Forse la terza lezione che ho effettivamente imparato è che per riuscire in qualcosa, bisogna rinunciare necessariamente a qualcos’altro di meno importante o prioritario in quel momento.

Ho scritto un libro lavorandoci due pomeriggi a settimana: è appena uscito ed è disponibile su Amazon in formato e-book e cartaceo. Si intitola “La Sindrome dell’Ovaio Policistico e le sue implicazioni psicologiche, emotive e relazionali. Una guida evidence based per le donne con PCOS”.

E tu? Quali lezioni hai imparato dai tuoi errori? Che metodo usi per raggiungere i tuoi obiettivi?

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