Solitudine

Essere figli fra gelosia e solitudine

Non tutti diventiamo genitori ma l’esperienza di essere figli ci accomuna sempre, perché nasciamo figli e, come scrive Recalcati, la condizione di figlio coincide con l’essere umano. È un’esperienza che influenza la nostra vita ed il modo in cui costruiamo le nostre relazioni: le nostre amicizie, le i rapporti d’amore, la scelta di fare o non fare figli, il desiderio di quanti figli avere ed il modo in cui facciamo i genitori a nostra volta.

Perché è così fondamentale? Perché è il primo ruolo che assumiamo nel corso della vita.

Esistono degli stereotipi sui figli, che avrai sentito nominare senz’altro almeno una volta: i primogeniti sono più responsabili, gli ultimogeniti sono più coccolati e i figli unici sono viziati. Sono luoghi comuni che spesso hanno un fondamento di verità, perché nascere primi, ultimi, in famiglie molto numerose oppure essere unici, fa differenza. Sono diverse le aspettative dei nostri genitori, sono diverse le esperienze di competizione o cooperazione che facciamo, è diverso il senso di solitudine che proviamo.

Non è possibile riassumere la complessità di questi vissuti in un articolo, ma ci provo lasciandoti qualche spunto di riflessione parlandoti di due aspetti che caratterizzano l’esperienza di essere figli: la gelosia e la solitudine.

La gelosia riguarda prevalentemente i figli con fratelli/sorelle: l’oggetto conteso è l’amore o la preferenza dei genitori. Può essere una dinamica molto sottile, ma presenta sempre il conto nel corso della vita, perché quella di essere “meno preferito” rispetto ad un fratello o una sorella è una ferita dalla guarigione molto lenta. Spesso sono i secondogeniti ad accusare di più questo dolore, specie se il fratello o sorella nato prima è bravo in tutto (in genere più bravo a scuola) e ancor di più se sono i genitori stessi ad aumentare questa competizione sottolineando le differenze fra il bravo e il meno bravo (“fai come tua sorella”, “non vedi come è bravo tuo fratello”). La gelosia può anche essere scatenata dalla differenza di accudimento verso uno o l’altro figlio, per esempio nelle situazioni in cui ci sia un fratello disabile o per qualche motivo considerato più fragile o problematico: le attenzioni, le cure, le preoccupazioni verso di lui, possono essere fonte di grande gelosia e rabbia per chi non si sente considerato altrettanto importante da mamma e papà (rabbia di cui in genere ci si sente molto in colpa). Questo è anche il caso dei cosiddetti “figli genitoriali”, cioè quelli che si fanno carico del benessere emotivo dei genitori e/o dei fratelli: per intenderci, sono i figli che fanno dai genitori ai propri genitori e fratelli, nell’accudimento materiale o affettivo, sono i figli che danno sempre e non ricevono mai altrettanto (con gravi conseguenze sulla propria vita personale… perchè è un ruolo molto pesante da svolgere!). La gelosia dà spesso origine a comportamenti di competizione o conflitto fra fratelli, meno frequentemente la rabbia è diretta ai genitori, in genere questo avviene in età più adulta quando si diventa più abili a riconoscere quello che si prova e si guarda con occhio più critico alla propria storia.

Tuttavia, la gelosia è anche una grande risorsa, perché è il motore che spinge i fratelli a lottare e competere per raggiungere i propri obiettivi, una abilità che nella vita serve tanto.

Perché quella ferita si rimargini e diventi un punto di forza, bisogna però che la preferenza dei genitori verso un figlio non sia stata così netta e sproporzionata: in questi casi può trasformarsi in rancore, portare a rotture di legami fra fratelli o anche con i genitori stessi. In generale chi non ha fatto una buona esperienza di fratria, ha più paura di fare le differenze quando diventa genitore o può spingere a non volere figli o fermarsi ad uno. Veniamo alla solitudine, che naturalmente non riguarda solo i figli unici, perché nel non sentirsi “visti” e riconosciuti in famiglia ci si può sentire eccome molto soli. È vero anche però che l’esperienza di solitudine che fa chi non ha fratelli o sorelle ha delle sue particolarità. I figli unici non devono contendere con nessuno l’attenzione dei genitori e questo può essere un grande vantaggio. Lo è senz’altro quando l’attenzione è proporzionata, il figlio non è considerato come prolungamento di sé da parte del genitore o quando la relazione di coppia fra i genitori sia ben funzionante. In questi fortunati casi, il figlio unico impara in altri contesti a competere, per esempio con i cugini o con i pari quando va a scuola.  Al contrario di quello che i luoghi comuni dicono, le ricerche dicono che i figli unici tendono ad essere più collaborativi ed evitare il conflitto nelle relazioni, proprio perchè non crescono facendo esperienza di competizione e gelosia. Il rapporto con la solitudine è spesso molto particolare, perché chi non ha dovuto dividere cose o spazi ha un senso del “personale” molto più spiccato e tende anche a privilegiare relazioni più esclusive (meno i gruppi e più amicizie a due). Tuttavia, essere gli unici depositari delle aspettative di mamma e papà non ha solo vantaggi, specialmente quando i genitori non riescono a riconoscere la differenza fra sé ed il figlio o anche quando per tratta come un surrogato matrimoniale o confidente o quando al figlio è richiesto di fare da mediatore fra i genitori in conflitto o prendere le parti di uno contro l’altro. Puoi ben immaginare che essere soli a gestire il peso di queste aspettative non sia facile, non lo è mai certamente, ma se si è soli non ci si può nemmeno dividere il fardello con qualcuno, tocca portarselo sulle proprie spalle e basta. Nella mia esperienza di psicoterapeuta ho notato che i figli unici che raccontano di aver sentito la mancanza di un fratello o sorella, la collocano in due momenti della vita, più frequentemente: da bambini, quando hanno provato la mancanza di qualcuno con cui giocare, e da adulti, nel vedere i genitori invecchiare.

In genere chi ha vissuto l’essere unicogenito come fonte di solitudine, tende a cercare partner con famiglie più numerose; inoltre, sempre le ricerche dicono che i figli unici tendono a fermarsi a loro volta al primo figlio, quando hanno occasione di diventare genitori.

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